L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 159 del 2022 chiarisce la posizione dei lavoratori dislocati all’estero solo temporaneamente.
Il regime dei lavoratori impatriati di cui all’art. 16, del Decreto Legislativo n. 147 del 2015, è un importante istituto di fiscalità internazionale oggetto di nostre trattazioni.
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Orbene, oggetto della presente trattazione è la recente risposta ad interpello fornita dall’Agenzia delle Entrate, n. 159 del 2022, che offre un importante approfondimento sul tema.
Il caso di specie riguarda la richiesta di una società, Alfa SAS Italian Branch, che scrive al Fisco in qualità di sostituto d’imposta del lavoratore dipendente, nonché potenziale destinatario del regime.
A dire della società istante, il lavoratore suddetto soddisferebbe tutti i requisiti richiesti dalla norma, al fine di beneficiare del regime in questione, ovverosia:
- titolo di studio (laurea in economia);
- attività lavorativa prestata all’estero;
- trasferimento in Italia;
- residenza italiana.
Il dubbio che sorge, tuttavia, è dato dal fatto che, se a prima vista i requisiti sembrerebbero oggettivamente soddisfatti, la ratio della norma, che ha finalità eminentemente attrattive di lavoratori esteri da rimpatriare, sembrerebbe collidere con la finalità del ritorno in Italia del lavoratore dipendente.
Infatti, ai requisiti sopra descritti, facenti capo al lavoratore impatriato, ci sarebbe da aggiungere che, lo stesso:
- ha svolto attività lavorativa all’estero presso Beta SPA, una società del Gruppo della Alfa SAS, per il periodo 2012 – 2017;
- dal 2018 lo stesso lavoratore vede cedere il contratto ad Alfa Group Italia, ovverosia una Branch del Gruppo con distacco presso Alfa FR, successivamente assorbita da Alfa SASU, con sede di lavoro a Parigi.
Il tutto avviene in seno ad una riorganizzazione del Gruppo, sia di carattere giuridico, con migrazione della forma giuridica della Alfa Group SRL Italia in SASU – Societé par Action Simplifiee Unipersonelle – soggetta alla legge francese, sia riorganizzativa.
Ebbene, in virtù di detta riorganizzazione, in capo al lavoratore muta, altresì, il datore di lavoro, che diviene, così, la società francese per il tramite della Branch italiana.
A seguito di ciò, a partire dal 1° gennaio 2021 il lavoratore rientra in Italia, onde lavorare presso la Branch italiana, con relativo trasferimento della residenza ai sensi dell’art. 2 del TUIR.
Alla luce dei fatti sopra illustrati, la società istante, come anticipato, ritiene che il lavoratore impatriato possa beneficiare del regime.
Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate non risulta essere dello stesso avviso della istante, nella soluzione da questa prospettata.
Preliminarmente, l’Ufficio scandisce che l’art. 16 non disciplina espressamente la forma del distacco, al contrario di quanto avviene per il regime dei “Controesodati” (L. 238/2016), ove l’agevolazione viene espressamente bandita per tali situazioni.
Infatti, fermi restando i requisiti richiesti dalla norma in questione, ovverosia che il lavoratore:
- non sia stato residente in Italia nei due periodi precedenti alla fruizione del regime;
- abbia trasferito la residenza in Italia;
- si impegni a permanere in territorio italiano almeno per i due periodi successivi alla fruizione del regime;
- svolga attività lavorativa prevalentemente in Italia
deve ravvisarsi un ulteriore elemento, non espresso dalla norma ma deducibile dalla ratio per cui la stessa è stata emanata.
Detta ratio, infatti, risiede nella vis attrattiva del regime. In altri termini, i redditi prodotti all’estero dal lavoratore dipendente, concorrono alla formazione della base imponibile nella sola misura del 30% per i lavoratori che risiedano all’estero e che non abbiano l’intenzione di rientrare in Italia, almeno nel breve termine. Da qui, una forma di agevolazione normativa indurrebbe tali lavoratori a trasferirsi in territorio italiano e a beneficiare del regime per ben cinque periodi di imposta decorrenti dal trasferimento.
Diversamente, un lavoratore che abbia prestato la sua attività lavorativa all’estero e che si trasferisca in Italia alla scadenza naturale del contratto, non soddisfa il requisito di attrazione della norma, in quanto si ravvisa una naturale continuità del contratto.
A conferma di questa posizione, benché non espressamente dettata dalla norma, vi è la prassi della stessa Agenzia delle Entrate che, con Circolare n. 17/E del 2017 bandisce il beneficio verso quei contribuenti che denotino continuità nel trasferimento da territorio estero a quello italiano.
Ma non è tutto. Nonostante il lavoratore in questione non possa beneficiare del regime, vi sono dei casi similari (ma non del tutto), che possono, invece, beneficiarvi.
Una posizione meno ferrea sull’estendibilità del regime impatriati ai lavoratori in posizione di mero distacco si cela, infatti, dietro una più recente prassi, che tratteremo nel prosieguo della nostra analisi.
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Avv. Dario Marsella
Avv. Eleonora Dell’Anna