Dalla Corte di Giustizia Europea arrivano le tutele per i detentori di beni, conti esteri ed attività finanziarie detenute all’estero
Con la recente sentenza del 27 gennaio 2022, causa C-788-19, la Corte lancia un chiaro monito alla Spagna, in ordine alla normativa fiscale che disciplina gli obblighi di monitoraggio per i redditi esteri.
La somiglianza di detti obblighi con la normativa italiana potrebbe aprire la strada ad una possibile procedura di infrazione anche per il nostro Paese e argomentazioni difensive in occasione di irrogazione sanzioni per il mancato rispetto di tale obbligo.
Dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea arriva una nitida tutela per i contribuenti comunitari, con particolare riguardo a coloro che siano detentori di conti esteri o di attività finanziarie detenute all’estero.
Al giorno d’oggi, infatti, le movimentazioni di capitali sono immediate, favorite dal progresso tecnologico che di pari passo cresce con il sistema finanziario; in particolare, l’avvento delle criptovalute vede sempre più investitori affacciarsi a tale mondo.
Ma, come ben sappiamo, anche gli investitori o i detentori di conti correnti esteri (nonché i proprietari di beni, ad esempio, immobiliari) sono contribuenti, e dunque soggetti alla normativa fiscale, non solo del proprio Paese, ma anche del Paese ove si investe o si detiene il reddito finanziario.
In particolare, il fulcro della normativa fiscale è rappresentato dagli obblighi di monitoraggio fiscale cui sono soggetti detti contribuenti, obbligo che consente alle Amministrazioni Finanziarie degli Stati di venire a conoscenza della base imponibile su cui effettuare il prelievo fiscale. Senza dimenticare che, al fianco degli oneri impartiti ai contribuenti, vi sono procedure di scambi di informazioni fiscali automatizzati sempre più scandite dai vari protocolli internazionali tra gli Stati (sul Modello OCSE) e favorite da sofisticati sistemi tecnologici (tra cui: Common Reporting Standard).
Orbene, con la sentenza che vi segnaliamo, datata 27 gennaio 2022, causa C-788-19, la Corte di Giustizia Europea giudica negativamente il sistema di monitoraggio fiscale proprio della normativa spagnola, in quanto contrario ai principi di libera circolazione di beni e di capitali all’interno dell’Unione Europea.
Infatti, la normativa fiscale spagnola, disciplinata da La Ley 58/2003 (testo unico generale spagnolo in materia tributaria) prevede, a carico del contribuente detentore di conti esteri o redditi finanziari esteri (ma anche di beni), la presentazione del Modello 720.
In particolare, tale obbligo sussiste in capo alle persone fisiche o giuridiche fiscalmente residenti in Spagna, aventi proprietà immobiliari, conti correnti o investimenti finanziari o assicurativi all’estero, di valore superiore ad € 50.000.
La mancata ottemperanza a tale obbligo comporta l’irrogazione di una pesante sanzione, pari al 150% dell’imposta evasa!
Un’altra criticità è rappresentata, poi, dalla interminabile tempistica atta a far maturare la prescrizione sulle eventuali violazioni!
In definitiva, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla stregua delle negatività evidenziate con riferimento alla Legge tributaria spagnola, conclude che la stessa Legge si pone in netta violazione dell’articolo 63 del Testo sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e dell’articolo 40 dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo.
Osserva la Corte, infatti, che una simile normativa tributaria, più che favorire il corretto monitoraggio e dunque il corretto prelievo fiscale della Spagna, ha il solo effetto di dissuadere i residenti spagnoli ad investire in diversi Stati membri.
Da ciò deriva una limitazione della circolazione di beni e capitali (due delle quattro libertà fondamentali su cui si basa l’intero ordinamento Europeo), e, non meno importate, un evidente effetto discriminatorio tra Stati.
Ebbene, benché la Corte si esprima sul caso Spagna, si prevede una diretta applicabilità dei principi da essa espressi anche all’Italia. Il motivo è dato dall’oggettiva affinità della legge tributaria italiana al modello spagnolo.
Il Quadro RW presente nel modello redditi italiano è, infatti, l’equivalente del Modello 720 spagnolo. Anche il sistema sanzionatorio italiano è da considerarsi sproporzionato, così come i termini di prescrizione, benché di poco inferiori rispetto a quelli spagnoli, sono da considerarsi evidentemente illegittimi, anche alla luce dei principi europei rinvenienti dalle pronunce della CGUE.
Si sottolinea che il ricorso alla Corte avverso la Spagna è stato attivato dalla Commissione Europea; la stessa istituzione ha, in passato, attivato varie procedure di infrazione anche verso l’Italia, la quale nel 2013 ha fatto in modo di estinguerle mettendosi al passo con i parametri europei.
Parametri che, alla luce dei nuovi principi espressi dalla Corte Europea, sono da reputarsi nuovamente irrispettosi della Legge Comunitaria. Non meraviglierebbe, dunque, l’espletamento di una nuova procedura di infrazione verso il nostro Stato, da parte della Commissione Europea.
Intanto, la nuova sentenza è fonte di una precisa tutela da porre all’attenzione delle nostre Commissioni Tributarie. Due le strade che il Giudice Tributario investito della questione potrebbe percorrere. Da un lato la rimessione della questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia Europea; alternativamente, qualora i principi espressi dalla sentenza in commento fossero ritenuti dal Giudice Tributario già sufficientemente chiari e circostanziati si aprirebbe la strada dell’immediata disapplicazione della normativa interna o della nullità dell’atto impugnato per contrasto con norme europee direttamente applicabili (nelle quali rientrano i principi espressi dalle sentenze della Corte di Giustizia).
Se ti è piaciuto l’articolo e vuoi approfondire la questione, puoi rivolgerti al nostro team di esperti in fiscalità nazionale ed internazionale.
Avv. Dario Marsella
Avv. Paolo Polastri
Avv. Eleonora Dell’Anna