Il gruppo LinkedIn “Diritto e Pratica Tributaria Internazionale” ha pubblicato la recente sentenza della CEDU (Corte Europea dei Diritti Umani) del 20 maggio 2014 Nykanek/Finland.
La pronuncia contiene alcuni interessanti riflessioni in merito al noto tema del “doppio binario” procedimento penale/procedimento tributario,ossia l’indipendenza tra loro delle due procedure, soprattutto con riguardo all’atto conclusivo degli stessi.
Principio fondamentale in quella parte del diritto tributario che investe anche l’ordinamento penale per effetto della astratta configurabilità di uno dei reati previsti dal D. Lgs. n. 74/2000, nonché cardine della passata riforma penale tributaria, il principio del “doppio binario” oggi appare meno granitico ed indissolubile che in passato.
Si veda, ad esempio, la recente innovazione operata dal D.L. n. 16/2012, convertito in L. n. 44/2012, con cui il legislatore è intervenuto nello specifico ambito dell’indeducibilità dei costi da reato. Tale articolo, al comma 1 prevede che l’esito del processo penale, se favorevole al contribuente con sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p., riverbera i suoi effetti anche nel binario tributario, fondando il diritto del contribuente ad ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate in conseguenza dei costi in precedenza dichiarati indeducibili.
Sul tema del “doppio binario” è intervenuta anche insistentemente la giurisprudenza tributaria di merito in tema di raddoppio dei termini di decadenza dall’accertamento ai sensi dell’art. 37, commi 24, 25 e 26, del D.L. 223/2006. (v. Ctp di Milano, sentenze 231/40/2011 e 327/5/2011, Ctr Lombardia sent. 147/06/2013) e sul quale si attende l’intervento del Governo in base all’art. 8 della nuova Legge Delega fiscale
Venendo alla sentenza emessa dalla CEDU, si pone in luce altro aspetto rilevante del “doppio binario”: il concorso tra sanzioni amministrative e penali.
Ripercorrendo la propria giurisprudenza, la Corte di Strasburgo conclude che il principio del ne bis in idem sancito dall’art. 7, par. 4 della Convenzione riguarda sì le sole sanzioni penali, ma che tali devono intendersi non solo quelle ritenute tali dal diritto interno. Infatti, la Corte ravvisa la natura penale delle sanzioni amministrative fiscali finlandesi in base ai c.d. criteri Engel (qualificazione secondo il diritto interno, “reale natura dell’offesa” e grado di severità della sanzione) elaborati nella propria case law.
Quindi in conclusione secondo i Giudici di Strasburgo, il contribuente può non essere punito sia con la sanzione amministrativa, che in realtà ha carattere penale, che con la sanzione prevista dalla norma incriminatrice di rango penale e risolve il problema di quale sia in concreto applicabile facendo riferimento a quella che è divenuta definitiva per prima, nella specie, quella amministrativa.
Tale situazione si potrebbe facilmente verificare anche in ambito nazionale, poiché le sanzioni amministrative, generalmente, divengono definitive molto prima che il processo penale abbia inizio. Si pensi, ad esempio, ad un contribuente che decida di utilizzare lo strumento deflattivo dell’adesione al PVC previsto dall’art. 5bis del D. Lgs. n. 218/97, così facendo divenire definitiva la sanzione forse prima ancora che arrivi in Procura la notizia di reato.
Tuttavia, questa impostazione, a mio avviso, incontra delle difficoltà applicative nella normativa interna che tende ad eliminare il bis in idem con la previsione dell’art. 21, D. Lgs. 74/2000.
Sino ad un’eventuale inclusione dei reati tributari nella disciplina della L. 231/2001, il ragionamento della Corte diventa, invece, di sicuro interesse con riferimento alle sanzioni amministrative applicate comunque alle persone giuridiche, in forza dell’art. 11, D. Lgs. 472/97, anche quando la violazione sia penalmente rilevante.