L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 159 del 2022 e con Risoluzione n. 76/E del 2018 chiarisce la posizione dei lavoratori dislocati all’estero solo temporaneamente. In quali casi è possibile beneficiare del regime.
Il regime dei lavoratori impatriati di cui all’art. 16, del Decreto Legislativo n. 147 del 2015, è un importante istituto di fiscalità internazionale oggetto di nostre precedenti trattazioni.
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La trattazione che segue riguarda la recente risposta ad interpello fornita dall’Agenzia delle Entrate, n. 159 del 2022, che offre un importante approfondimento sul tema, alla luce della Risoluzione n. 76/E del 2018.
Ripercorrendo brevemente il caso di specie (per la trattazione completa del caso, clicca qui), esso riguarda la richiesta di una società, Alfa SAS Italian Branch, che scrive al Fisco in qualità di sostituto d’imposta del lavoratore dipendente, nonché potenziale destinatario del regime.
A dire della società istante, il lavoratore suddetto soddisferebbe tutti i requisiti richiesti dalla norma, al fine di beneficiare del regime in questione. Ciò in quanto il lavoratore ha prestato attività lavorativa all’estero per diversi periodi di imposta, per poi ritrasferirsi in Italia (contestualmente al trasferimento di residenza) benché alle dipendenze di una diversa Branch appartenente allo stesso Gruppo societario.
Tuttavia, il parere del Fisco non sembra essere dello stesso avviso, i quanto ai requisiti oggettivi, scrive l’Agenzia, deve aggiungersi un ulteriore requisito che potremmo definire “sostanziale”: la non continuità della prestazione lavorativa.
Come già spiegato nel nostro precedente articolo, infatti, la ratio della norma risiede nella finalità eminentemente attrattiva dei lavoratori esteri da rimpatriare.
Il dato normativo, tuttavia, nulla dice riguardo alla posizione di questi lavoratori, ma la ratio della norma sembra potersi dedurre con facilità, anche alla luce del fatto che, per il regime dei “Controesodati” (L. 238/2016), l’agevolazione viene espressamente bandita per tali situazioni.
Orbene, se la già esaminata Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 17/E del 2017 risulta confermare quanto detto pocanzi, la più recente Risoluzione n. 76/E del 2018, di contro, sembra ammorbidire tale orientamento.
Infatti, nell’alveo di questa prassi il lavoratore che abbia prestato la sua attività all’estero e che intenda trasferire la sua residenza in territorio italiano in virtù di mere questioni legate alla rimodulazione del suo rapporto di lavoro, non è escluso sic et simpliciter dal beneficio, ma gode dell’opportunità di poter valutare il caso specifico per comprendere se sussistono le condizioni per accedervi.
A tal proposito, tra gli elementi che avallano la tesi del beneficio in questione si riscontrano:
- il distacco lavorativo all’estero più volte prorogato, tale da affievolire i rapporti tra il contribuente e l’Italia;
- il rientro in Italia del lavoratore dipendente con un ruolo aziendale differente.
In questi casi, dunque, il Fisco riterrebbe che la continuità della precedente posizione lavorativa ricoperta dal lavoratore all’estero sia spezzata dalla nuova posizione lavorativa italiana.
Ciò soddisferebbe la vis attrattiva della norma.
Viceversa, i sintomi di una “nuova” posizione lavorativa in Italia, ma in realtà solo fittizia, poiché continuativa con la precedente posizione estera, si riscontrano in:
- presenza delle medesime condizioni tra il contratto estero e il nuovo contratto italiano;
- riconoscimento, nel contratto italiano, di ferie in realtà maturate durante la vigenza del vecchio contratto estero;
- riconoscimento, nel contratto italiano, dell’anzianità maturata in seno al contratto estero;
- assenza di un periodo di prova;
- presenza di clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesime, quattordicesime e trattamento di fine rapporto maturato;
- presenza di clausole che prevedono che alla fine del distacco, il lavoratore sarà reinserito nella riorganizzazione della società distaccante.
In questi altri casi, invece, si evince chiaramente che il regime impatriati, volto ad incentivare i lavoratori che stabilmente risiedano all’estero, e che si trasferiscono in Italia in virtù della importante erosione della base imponibile che il legislatore dedica loro, verrebbe vanificato.
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Avv. Dario Marsella
Avv. Eleonora Dell’Anna